Di Luca Scutti

TI RICORDI…

Ti ricordi quando toccava a me con te,

questa notte la memoria

ha deciso di sedersi accanto a me.

Ah…

i “danni” della reminiscenza,

ah…

i “danni” di un flashback

racchiuso dentro un cuore.

Ti ricordi quando mi prendevo

cura dei tuoi giorni,

l’impegno

era bagnato di “rosso”,

l’attenzione

era bagnata di “rosso”,

l’amore

era bagnato di “rosso”,

la premura

era bagnata di “rosso”,

la protezione

era bagnata di “rosso”,

la custodia

era bagnata di “rosso”…

La congiunzione

di

due

cuori.

Un padre,

un figlio.

 

Ti ricordi “quella” mattina,

era la mattina…

Ti svegliai con un caffè,

prima di entrare bussai alla porta,

eri abbracciato alla tua Flora.

Ricordo le tue parole:

Non invecchieremo mai,

gli anni non potranno mai avanzare,

non sfioriremo mai,

non appassiremo mai,

te lo prometto,

non saremo mai stagionali.

E non dimenticare mai

che io ho già trionfato…

Ho trionfato accanto a  Flora,

ho trionfato accanto a Ines,

ho trionfato accanto a Luca.

Il trionfo

della conseguenza

di un amore.

 

Ti ricordi quando snodavi,

ti ricordi quando slegavi,

scioglievi.

Tutti quei nodi dentro di me,

quante legature,

quanti nastri,

quanti groppi dentro la gola,

quanti grovigli,

quante trame andate a male,

quanti legami inutili,

quanti lacci sopra il cuore,

quante “sostanze” nocive…

Riuscivi sempre a liberarmi,

riuscivi sempre a sciogliere,

riuscivi sempre a togliere,

riuscivi sempre a ripulire,

riuscivi sempre a salvare

la mia parte migliore:

Tutto

questo

per 

non

morire.

 

Ti ricordi,

lasciavo sempre

il mio cuore sopra il tuo comodino,

lo abbandonavo a te,

la mattina si “preparava” per te,

si trasferiva dentro di te,

si separava da me,

si dimenticava di me,

cessava di battere per me,

rinunciava a me… 

 

Ti ricordi il poi,

ti ricordi il seguito,

ti ricordi:

più avanti”,

ti ricordi:

più oltre”,

ti ricordi infine:

Nessun 

dolore

papà,

non

c’era

nessun

dolore.

 

Ti ricordi,

eri la mia ombra,

eri sempre dentro

la mia parte non illuminata,

la mia zona buia,

la mia parte scura,

“quel” luogo non soleggiato,

dentro “quel” velo

sopra gli occhi

che ancora oggi è rimasto lì,

sempre ad aspettarti…

I miei occhi trasudano

dentro al “piombo”.

Nessuna zona comfort,

nessun sollievo,

nessun sostegno.

Nemmeno il sole

riesce ad asciugare,

a detergere,

a seccare:

“Muovilo papà,

spostamelo

davanti agli occhi,

rimuovilo,

trasportalo,

trascinalo

addosso al Cielo,

spingilo

al di la del bordo…

Fallo volare,

riempilo

come una vela

sul mare,

dentro una tempesta,

fallo roteare,

fallo viaggiare.

 

La

nostra

velatura.

 

Ricordi?

Mi hai sempre seguito

dentro la giusta distanza,

mi hai sempre accompagnato,

mi hai sempre “riunito”,

a volte mi hai dovuto rincorrere,

a volte mi hai dovuto

sorvegliare come una sentinella.

Ancora oggi è così,

nessuna lontananza:

c’è il Cielo,

nessun distacco:

c’è il Cielo,

nessun interstizio:

c’è il Cielo,

c’è sempre spazio.

Dimmi quanto spazio c’è,

raccontami di quei lunghi “corridoi”,

raccontami di quelle “corsie”,

raccontami di quei passaggi segreti,

raccontami delle persone care

che hai trovato nascoste “lì”,

raccontami del celato dorato,

raccontami dei “clandestini”,

raccontami “dell’Ignoto” Gesù:

Hey…!

Occhi di Cielo.

 

Ti ricordi,

quel giorno smisi di arrossire

mentre ti parlavo.

Il mio volto si colorava sempre di rosso,

la vergogna mi sputava sempre addosso.

Mentre ti osservavo capii

dal tuo volto

di non balbettare più in maniera compulsiva…

Mi hai insegnato

a pensare col cuore,

smisi

di pensare con la mente.

Dentro le pieghe dei tuoi occhi,

le tue ondulazioni

così tante care a me,

l’inclinazione del tuo sguardo…

Mi resi conto

che solo così

potevo fare la differenza,

nella diversità,

nella disuguaglianza,

nella difformità,

nel divario,

nella sottrazione,

nel “pensiero”:

Non

ho

più

voluto

il

resto”!

 

Ho ancora troppo disordine 

dentro la mia mente,

ci sono ancora

frammenti e detriti  di confusione,

ho ancora troppo disordine

dentro al mio cuore:

Quando

il “5 ottobre”

bussa

alla

mia

porta…

  

Ho ancora troppo bisogno di te,

sei la mia necessità,

sei l’occorrenza dell’urgenza di un Cielo

ricolmo di te

ogni volta che l’osservo…

Non mi sono più  fermato 

davanti a certe stazioni,

nessuna fermata,

nessuna sosta,

nessun capolinea,

i parcheggi sono così pieni: 

Papà

continua

a

guarirmi.

 

Lo so,

il Cielo ha deciso così…

Ha determinato la vita,

ha decretato la vita,

ha definito la vita,

ha scelto alcune vite.

Il giorno che cadrò 

da “quella” altezza,

da “quella” quota…

La cima è la vetta più alta, 

verso il culmine,

verso l’Eccellenza in Cristo,

verso l’Elevatezza in Sua Madre Maria,

verso la Levatura dell’Arcangelo Gabriele:

Troverò

due braccia

ad accogliermi,

le “tue”.

 

Troverò

la tua forza,

la tua energia,

il tuo vigore.

 

Quante volte mi sara’ capitato,

e p p u r e   e r i   d i   f r o n t e   a   m e,

quante volte non ti ho osservato,

e p p u r e   e r i   d i   f r o n t e   a   m e,

c’erano le stelle,

c’erano solo le stelle accanto a te.

 

“Spero un giorno

di trovare

un piccolo spazio

tra la terra e il Cielo,

per stare vicino

a Flora,

a Ines,

a Luca.”

(Giuseppe Scutti)

 

Peter: “Vieni con me!”

Wendy: “Io…non so volare.”

Peter: “Te lo insegno io,

e ti insegno

anche a cavalcare

i venti e via che si va…”

(Peter Pan)

 

“Lì”,

si

“lì”… 

Non

sono

nuvole.

 

 

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