Di Luca Scutti

IL “PROFESSORE” E POI…FLORA

A volte succedeva che doveva scavalcare

il grande cancello del convento…

Lo trovava chiuso,

dopo le 18.30

non c’era più la possibilità di entrare.

Era la sua casa,

era diventata la sua casa,

era l’anno 1945.

 

Restò dentro a quel “bunker”

ricoperto d’oro

per quindici anni,

con il passar degli anni

divenne il suo rifugio blindato.

Dio gli fece trovare tutta la ricchezza”

che un ragazzo di 17 anni

poteva chiedere in quel preciso istante.

Gli fece trovare Sua Madre Maria,

la Vergine di Nazareth,

la Donna Angelica,

dopo la scomparsa di sua madre Ines:

“Dimmi come hai fatto,

ti prego dimmelo”.

 

L’età del piccolo “professore”

così lo chiamavano nei quartieri alti,

segnava solo sei anni

quando sua madre Ines

intraprese il viaggio verso la Volta Celeste,

correva l’anno 1934,

era l’8 dicembre,

il giorno dell’Immacolata…

 

Una casetta di 5 metri,

il suo “bunker”, 

il suo rifugio,

all’esterno di un convento,

all’estremità di un grande giardino,

era al limite,

al fianco,

si appoggiava al cancello:

Largo dei Monti Parioli 1

Roma

Ancelle del Sacro cuore di Gesù:

“Dimmi come hai fatto,

ti prego dimmelo”.

 

Ancora oggi

non so a che livelli arrivò la sua cultura,

a quale altezza,

a quale stratificazione,

a quale ceto,

a quale fascia,

dentro a quale galleria buia,

a quella laurea in teologia:

cento dieci e lode,

all’ordinazione a diacono permanente:

il primo della città di Roma,

a quel ragazzo chiamato:

iprofessore“.

Insegnava alla Roma bene“,

al figlio di Cecchi Gori,

al figlio del duca,

ai figli di Di Penta,

ai figli dei principi,

e al calar della luce rincasava dentro la sua casetta.

“Dimmi come hai fatto,

ti prego dimmelo”!

 

Ancora oggi non so,

sopra quale gradino doveva salire,

cosa era rimasto per innalzarsi sempre più su?

E’ rimasto qualcosa?

Continuava sempre ad arrampicarsi, 

ero arrivato a non osservare più il suo “livello”, 

e l’ultimo gradino lo salì insieme a Sua Madre Maria,

era il 28 ottobre 1984.

Il suo vivo desiderio dell’incontro con Dio,

dentro i suoi ultimi giorni,

tutto questo era più che evidente,

ho visto il chiarore nei  suoi occhi,

ho visto i bagliori di Luce,

ho visto il riverbero dell’Ave Maria,

ho visto lo sfavillio degli angeli

dietro le sue spalle,

ho visto la Grandezza di Dio,

la Sua Potenza,

ho visto la Grazia donata da Dio,

tutto si stava compiendo:

Nella vita non puoi piacere a tutti, 

Giuseppe piaceva a se stesso.

Nell’aria lasciava sempre

una “scia” Benedetta dal Cielo,

era un profumo

che restava in aria per ore e ore,

restavano le sue tracce,

restavano le sue impronte. 

 

Esporsi,

svilupparsi,

considerarsi,

ritenersi,

ospitarsi,

accogliersi.

Dava gli appuntamenti a se stesso,

incontrava se stesso,

ai “fertili e fecondi”

tramonti di Villa Balestra,

al calare del sole,

ai crepuscoli serali,

in ginocchio ai piedi dell’altare del convento,

con gli occhi persi dentro quella “mensa” Sacra,

dentro pagine di libri divorati, 

la cura ossessiva per i sogni,

la speranza come un desiderio realizzabile,

l’aspirazione della “bellezza” senza l’illusione, 

la cura ossessiva per la fragilità,

l’essere “friabili”,

abbracciare la debolezza,

stringere la delicatezza.  

 

La cura ossessiva per un “aiuto”

ancora da realizzare,

la cura ossessiva per le ferite,

le lesioni diventate tagli,

le pugnalate diventate piaghe,

era solo un bambino,

aveva sei anni… 

 

Al crepuscolo serale

le sue mani

si recavano

sempre allo stesso appuntamento,

rigorosamente indossava “l’abito” da sera.

Erano addosso al dolore, 

lo accarezzavano,

per un istante riuscivano a fermarlo,

anche il suo sangue si arrestava,

nessun movimento dentro le sue vene,

nessun palpito di venatura,

non c’era più “traffico”,

nessun flusso…

 

Nella vita non puoi piacere a tutti,

il “professore” piaceva a se stesso,

impazziva per se stesso,

impazziva addosso a lui,

era il suo corteggiatore,

impazziva in Dio,

impazziva in Maria,

dava appuntamento a se stesso per la cena,

tutte le sere,

fino ad riaccompagnarsi,

per addormentarsi insieme a lui,

con tanti libri,

tutti aperti,

tutti addosso,

erano diventati le sue coperte:

“Non dovevo muovermi

altrimenti sarebbero caduti.

Ah…quante volte chiesi

almeno una sola coperta”. 

 

“Dimmi come hai fatto,

ti prego dimmelo”!

 

Dalla portineria qualcuno premeva

il pulsante per sbloccare il portone dell’ingresso,

il “professore” si voltava e con la mano salutava.

Erano giunte le ore

delle ripetizioni scolastiche.

Spesso dietro “quella” vetrata

appariva la piccola Flora.

La strada che doveva percorrere

era sempre molto breve,

davanti al convento era situata una palazzina

molto signorile ed elegante:

Dentro quell’istante,

fu un baleno,

dentro quel lampo,

fu un baleno, 

dentro quel batter di ciglia,

fu un baleno,

il “professore” concepì l’amore

per una creatura chiamata Flora.

 

Il 4 luglio 2018 decisi di aprire questo blog.

Il primo post è intitolato:

“Lo consacro a te”.

Un blog tutto per te “professore”,

tu che ogni notte cacci via

i mercanti dal nostro tempio.

Ogni parola è una preghiera per te,

tu che ti sei consacrato a Dio e Sua Madre Maria,

tu che ti firmavi:

Giuseppe Scutti

il servo del Signore,

primo diacono della città di Roma!

 

Continuerò a scrivere di te caro “professore”,

qualcosa è rimasto dentro la mia “cantina”,

spesso devo svuotarla dal dolore,

la temperatura è sempre bassa e costante,

i muri sono sempre spessi,

c’è molta umidità…troppa,

ma continuo a svuotarla,

a liberarla,

“spogliarla”:

Si,

qualcosa è rimasto,

come quando un giorno

mi raccontasti

di quella casetta di appena 5 metri,

e io ti risposi:

“Papà

è

un

posto

che

non

c’è”.

 

“Professore” allora è vero,

qualcosa è rimasto…

 

Ho sempre pensato al sale

come una sacralità,

lo trovo sempre al mare…

Ora

lo

trovo

dentro

queste

mie

lacrime.

E’ il sangue delle nostre anime!

 

“Professore” un’ultima cosa,

ti affido,

ti consegno,

Flora e Ines.

 

 

 

Resta

addosso

a

me,

sopra le mie spalle,

appiccicato…

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