Di Luca Scutti

HO VISTO UN GENIO

 

Scriverai di me un giorno?

Ne sarei tanto fiero e orgoglioso.

Ricordo…

era una domenica mattina,

il sole splendeva,

i nostri piedi affondavano

dentro la sabbia,

ti sorreggevi a me:

Voglio…eh scusami desidero,

si desidero che tu inizi

a sfilare il cappuccio alla tua penna,

devi iniziare a scrivere,

anche se un giorno

non sarò più accanto a te,

io riuscirò a leggerti lo stesso.

Quelle furono

le sue ultime parole che mi donò:

Con l’inchino del Cielo,

con la  “Sua” benedizione,

fu “un’investitura” Consacrata,

fu il dono di un  G e n i o.

 

Ha sempre imparato solo da se stesso,

quando voleva  “c o l p i r e”  colpiva,

coglieva sempre nel “segno”,

nessun altro poteva “c o l p i r e”  

come colpiva  “L u i”,

quanti cuori “trafitti”…

Osservava senza vedere,

l’uomo comune

vedeva e non osservava,

percepiva osservando,

scorgeva,

intravedeva,

distingueva,

comprendeva nel concepire il pensiero,

visitava i cuori,

incontrava le anime,

si recava per assistere,

ti “riconosceva”,

contemplava quando sognava…

  

Lo vedevo camminare,

lo vedevo “incidere” 

dentro la vita degli altri,

“andava” a piedi,

lo vedevo espandersi, 

lo vedevo diffondersi…

Sull’orlo di un precipizio,

lo vedevo urlare sopra

le gronde degli infami,

“quelle” degli indegni,

“quelle” degli spregevoli.

Lo vedevo cantare insieme agli angeli,

lo vedevo inginocchiarsi,

lo vedevo dentro burroni di catastrofi,

lo vedevo danzare

dentro i dirupi della vita,

volteggiava,

oscillava,

dentro le gocce,

erano gocce di “stille”,

in mezzo a sorsi di dolore e disperazione,

vite “lacerate”,

in mezzo alla poltiglia della corruzione,

vite tormentate,

in mezzo alla bassezza,

quanta grettezza e meschinità,

lo vedevo soffiare

e poi sbuffava sulla rovina,

lo vedevo nell’impossibile,

quante volte lo vedevo…non respirava:

Ho

visto

un

Genio.

 

Quando il  G e n i o  appariva

lo riconoscevi subito,

era l’istantaneo,

senza l’attesa,

nessun indugio,

il suo cuore s’innalzava,

volo di un gabbiano di Dio,

riusciva ad elevarti,

riusciva a “liberare”

la vita degli altri,

contro la schiavitù,

contro l’oppressione,

ti prendeva tra le “sue” braccia

e ti portava fuori dal “ghetto”…

 

Quando il  e n i o  appariva

erano tutti uniti contro di lui,

se li ritrovava tutti addosso,

chissà da quanto tempo

aspettavano questo momento.

Quando il  e n i o  appariva

nulla gli veniva perdonato,

ma  L u i 

farà sempre parlare

un’anima inquieta e “sgrammaticata”,

restava in silenzio,

non potevo “entrare”

dentro “quella” sua silenziosità,

non potevo entrare

dentro “quella” sua segretezza

di un mutismo incomunicabile,

ti farà sempre sentire

importante quando lo disprezzi,

ma per se stesso

non sarà mai abbastanza:

Ho

visto

un

Genio.

 

Lo vedevo bambino,

lo vedevo sempre

dentro la sua infanzia,

l’infante,

il pargoletto,

il marmocchio,

il giovanissimo,

è un figlio di Dio,

percorreva l’impossibile,

“consumava” l’impossibile:

Lo

concludeva!

 

Non somigliava a nessuno,

lo vedevo ovunque,

in ogni dove,

lo trovavo in qualsiasi Cielo, 

giocava con la fantasia,

giocava con l’intuizione,

lo vedevo deciso,

lo vedevo veloce…

 

E quanto pesava il  G e n i o,

quanto è “grave”,  

e quanto pesavano mille mediocri,

quante “insufficienze”,

e quanto è folle un  G e n i o…

Senza la sua follia

non sarebbe mai stato un   G e n i o,

temerario dentro la sua esagerazione,

imprudente dentro i suoi azzardi,

tra la follia e il   e n i o

c’è solo il successo.

Scelse di essere Golia, 

non scelse di essere Davide,

follia di un  G e n i o.

Aveva la sua dimora

nel reparto superiore:

Ho 

visto 

un

Genio.

 

Camminava

su strade sconosciute,

“quelle” più ignote,

immenso forestiero

avvolto dai misteri,

come un temporale, 

come il diluvio, 

come la lite,

accarezzava il vento… 

 

Il   G e n i o  

non aveva più Luce degli altri,

il   G e n i o

raccoglieva la Luce,

la riuniva,

la comprimeva addosso a se,

la Luce rifletteva sempre addosso a lui:

La

differenza

tra

irradiare

e

ricevere.

 

Lo vedevo felice,

amava quello che faceva,

scopriva i problemi,

L u i  non era la regola,

L u i  era un miracolo,

imparavano cose che  L u i 

non aveva mai imparato da nessuno…

Il vaso

che cade

sul pavimento,

si spezza,

non poteva

restare intero…

Poi

il telefono

che squilla:

“Aveva

una perla sul cuore.”

 

 

Lontano

lontano

dai

rumori,

da

solo

con

te…

 

 

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