Di Luca Scutti

“QUEL” SOGNO

 

Serie di immagini,

serie di sensazioni,

intense e coerenti,

si presentano durante il sonno…

Sogno breve,

sogno lungo,

ancora vivo di “quel” sogno,

una notte morirò dentro “quel” sogno,

sono sempre immerso dentro “quel” sogno.

Sogno premonitore,

sogno angoscioso,

non ricordare un sogno,

interpretare un sogno,

appare tuo padre dentro un sogno,

è stata un’infanzia da sogno,

una picciola chiesa dentro “quel” sogno,

un’ospedale freddo di notte dentro “quel” sogno,

l’addio di un sogno e non l’addio di “quel” sogno,

ancora riesco a vedere quell’immagini dentro “quel” sogno.

Sogno spesso mio padre,

a volte sogno di precipitare nel vuoto,

a volte sogno la mia vecchia casa,

a volte sogno di volare,

da bambino sognavo di fare lo scrittore,

“quel” bambino lo sognava ad occhi aperti,

ma i sogni sono illusioni dicono,

ma i sogni sono cose impossibili da realizzarsi,

improbabili,

anche questo dicono.

A volte mi domando: “Sogno o son desto”?

Quando il sogno mi appare divento un “genio”,

dentro il sogno tutti gli uomini diventano “geni”,

diventiamo tutti bambini trasportati dalla luna,

riesco a giocare con le stelle,

tutto si ricrea,

ogni notte viene ricreata da “quel” sogno,

non posso dargliela vinta alle ipocrisie del giorno,

non posso dargliela vinta alle tante bugie del giorno,

non posso permettere al giorno di rubare dentro i segreti notturni del sogno,

“quel” sogno ogni notte mi porta “oltre”,

“quel” sogno l’ho fatto insieme a mio padre,

insieme si…eravamo io e “lui”.

A volte il sogno più bello è quello che non riesci a ricordare,

il sogno non riesco mai a raccontarlo,

il sogno non riesco mai a condividerlo,

è come un film che non verrà mai visto,

è come una poesia che non verrà mai letta.

Non sono nessuno,

non voglio essere nessuno,

voglio essere invisibile,

non sarò mai come gli altri hanno deciso di vedermi,

non sarò mai come gli altri hanno deciso di “vestirmi”,

ho solo bisogno della mia penna,

ho solo bisogno dei mie fogli,

non potevo chiedere di più al Cielo,

tra le mie dita ho il sogno più bello del mondo.

Quando mi sveglio il sogno mi porta dalla mia penna,

quando mi sveglio il sogno mi porta dai miei fogli bianchi,

il “tuo” inginocchiatoio,

alzo il banco,

dentro trovo sempre uno scrigno,

lo apro,

dentro è custodita la penna che tu mi hai lasciato…

Aspetto sempre la notte,

aspetto che i miei occhi “stanchi” si chiudano dentro “quel” sogno,

riescono a vedere meglio,

per tutto il giorno hanno visto uccidere la vita!

La mia anima di  notte,

dentro “quel” sogno,

scrive per me,

annega dentro il mio “fiume” rosso bollente,

è vestita di bianco,

è bellissima dentro “quel” sogno,

è bellissima dentro il suo “mondo”,

è prigioniera dentro di me,

segue sempre “quel” sogno,

lo nasconde,

di giorno è tremendamente gelosa di “quel” sogno,

“quel” sogno conosce la “via”,

la “via” per una vita non inutile,

era una “via” inutile per una una vita senza “quel” sogno…

Un bambino di sei anni,

vive dentro una piccola dependance distaccata

all ‘interno di un convento di suore spagnole,

sua madre è volata in Cielo l’8 Dicembre,

è solo,

poco è il mangiare,

i libri sono le sue coperte,

diventerà il primo diacono della città di Roma.

 

Ogni mattina mia madre

stava dietro la finestra,

salutava mio padre mentre s’incamminava,

lui si arrestava per un attimo,

si voltava indietro,

il suo sguardo dentro “quella” finestra:

“Dolce giornata amore mio”.

 

Ogni Domenica brillavi dentro la tua fede,

chiesa su chiesa,

altare su altare,

tu insieme a Karol Jozef Wojtyla,

ricordo il “Suo” sguardo,

un sogno di cristallo.

 

La mia casa da bambino,

vedevo andare,

vedevo restare,

quante separazioni hai evitato?

Dalla mia camera

vedevo la luce accesa fino a tarda notte,

ascoltavo voci alterate,

poi la tua voce così dolce…

Solo così riuscivo ad addormentarmi dentro “quel” sogno.

 

“Luca

sei sempre “nascosto”,

sempre invisibile, 

come un fiore nascosto nell’erba,

non c’è giorno che il vento non mi nutra del tuo profumo…

Ciao figlio mio,

Giuseppe Scutti”.

(Il Servo del Signore)

 

Il “tuo” inginocchiatoio,

alzo il banco,

dentro trovo sempre uno scrigno,

lo apro,

dentro è custodita la penna

che tu mi hai lasciato…

 

 

 

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