Di Luca Scutti

LA GUERRA DENTRO GLI OCCHI DI ALDO E IL SUO FAZZOLETTO “ROSSO”

 

Cammina a stento, la sua età segna 95anni,

la barba bianca molto lunga,

l’immancabile sigaro illumina il suo volto

dentro questa giornata grigia.

Dentro questa giornata il sole come avrebbe potuto splendere,

come poteva splendere dentro le sue parole,

le parole di Aldo.

E’ stato un’incontro programmato e voluto da Aldo:

“Mi piace come scrivi, mi piacciono i tuoi racconti,

vediamoci al mare, un giorno di questi,

porta insieme a te una penna e tanti fogli bianchi,

la mia parola li colorerà insieme al tuo meraviglioso inchiostro”.

Siamo seduti sopra una panchina, uno vicino all’altro,

davanti a noi c’è un mare molto calmo,

un gabbiano sorvola l’amo di un pescatore,

il resto è silenzio, assenza di “segnale”…

Ho un pò di timore per le parole di Aldo,

non ho potuto esimermi nel vederlo,

non ho potuto esimermi nell’ascoltarlo.

La voce rauca di Aldo inizia a “scandire”,

la voce rauca di Aldo inizia a “sgretolare”,

la voce rauca di Aldo inizia a “tagliare” in maniera netta,

per nessuno,

nessuna pietà,

nessuna pietà per me che ascolto,

ma va bene così,

va bene così.

Aldo: “Sapevo di avere 12 anni,

sapevo già di vivere senza mia “madre”,

una “madre” chiamata “speranza”,

ai bambini se li togli la speranza li uccidi dentro,

“quel” bambino fu ucciso,

sapevo che dovevo resistere,

sapevo già che non potevo essere un bambino,

sapevo già che per non morire dovevo diventare un uomo,

dentro una polvere da sparo,

dentro una puzza di pneumatici bruciati,

dentro una puzza di cadaveri,

dentro pozze di sangue,

dentro un regime durato 20 anni,

regime di guerra,

a 12 anni non ero più un bambino,

a 12 anni il mio volto era già cambiato,

a 12 anni la mia anima era già cambiata,

a 12 anni già “giocavo” con il fucile per diventare un uomo,

di “quel” bambino persi completamente le tracce,

non c’è giorno che io non pensi a “quel” bambino…”

Aldo si arresta nel parlare, inizia a piangere in maniera compulsiva,

gli prendo la sua mano sinistra, lui prende la “mia” destra,

il mio sguardo perso dentro il mare,

non ho bisogno di parlare,

non ho bisogno di confortarlo,

devo restare in religioso silenzio.

Un enorme fazzoletto bianco macchiato da piccole macchie rosse

gli asciuga le lacrime,

poi ancora di nuovo la sua voce:

“Persone che correvano, correvano sempre,

correvamo sempre per la paura,

persone che accorrevano, accorrevano sempre,

accorrevamo sempre per portare un aiuto,

accorrevamo sempre per portare un sorriso,

ma i nostri volti erano sfigurati.

Persone che gridavano,

persone che sventolavano enormi fazzoletti,

come questo mio enorme fazzoletto bianco,

prima è venuto in mio soccorso ad asciugarmi le lacrime,

è sempre stato insieme a me,

è la mia storia,

è la mia vittoria,

non mi ha mai abbandonato per un solo istante.

Dentro quelle montagne fredde e umide,

ho visto cadere e morire tanti miei amici,

non potevo soccorrerli,

non potevo fermarmi,

dovevo scappare,

dovevo solo correre “travestito” già da uomo,

dentro carceri,

tutti imprigionati,

in tanti si sono impiccati.

Caro Luca, possiedi la libertà,

è come l’acqua,

è come una casa calda,

è come una madre,

è come un padre,

è come un figlio,

è come una moglie,

è come un marito,

io queste cose non le ho mai avute.

Soltanto adesso vivo insieme alla libertà,

i primi tempi ho avuto difficoltà nel “muovermi”,

i primi tempi ho avuto difficoltà nel parlare, a prendere decisioni.

“Quel” bambino già diventato un uomo

aveva imparato ad uccidere per sopravvivenza,

“quel” bambino già diventato un uomo

doveva imparare e non morire,

“quel” bambino già diventato un uomo

aveva imparato a vivere attaccato alle barricate,

“quel” bambino già diventato un uomo

aveva imparato a dormire dentro la notte del “buio”,

ti soffoca, pensi di morire soffocato da un momento all’altro,

ancora oggi di notte dormo sempre con la luce accesa…

Quando vedo fiocchi di neve scappo via,

mi rinchiudo dentro casa…

Ricordo una madre abbracciare

il proprio figlio morto sopra una immensa distesa di neve,

hai visto mai il sangue sopra la neve?

Devi essere preparato a questa immagine,

a quel colore cosi’ rosso sopra quella neve così bianca,

altrimenti tutta quella distesa di neve ti inghiotte

come sabbie mobili e ti colora il corpo di “rosso”…

La madre era disperata,

cercammo di praticargli la respirazione bocca a bocca,

per quel ragazzo non ci fu nulla da fare,

il Cielo aveva bisogno di lui.

Abbracciai forte sua madre, non potevamo più stare li,

dall’altra parte sentivamo sparare,

era il rumore di una granata,

erano sempre più vicino.

Nel salutarla si abbasso’ verso il corpo di suo figlio,

gli aprii la mano destra,

quella mano stringeva un enorme fazzoletto rosso ma era di colore bianco,

c’era il rosso del suo sangue,

poi aprii anche la mia mano,

e con una dolcezza infinita ci pose il fazzoletto.

Luca è sempre lo stesso fazzoletto di prima,

“quello” che si prende cura delle mie lacrime.

Questo fazzoletto mi ha salvato la vita,

dopo aver salutato la madre dovevo mettermi al riparo,

non potevo più restare sopra quella infinita distesa di neve,

la lasciai abbracciata al figlio…

All’improvviso,

da lontano,

vidi due soldati correre verso di me,

erano tedeschi,

iniziai a correre come un pazzo sopra la neve,

era quasi impossibile correre sopra quella superficie,

mi sembrava di restare sempre sullo stesso punto,

poi udii due spari,

mi voltai,

avevano appena ucciso “quella” povera mamma,

ripresi a correre ma loro erano molto più veloci di me,

ad una distanza di tre metri mi spararono una raffica di colpi,

restai a terra fingendomi morto,

mi misi l’enorme fazzoletto sopra il petto,

il sangue di quel ragazzo era ancora caldo,

ero rivestito di un altro sangue,

lo sentivo che mi scorreva dentro le vene,

mi aveva bagnato le labbra,

percepivo il suo sapore,

era dentro la mia gola,

era dentro il mio cuore,

pensai subito che non potevo morire,

pensai che il sangue di “quel” ragazzo

mi avrebbe salvato la vita.

I due tedeschi si fermarono vicino al mio “finto” corpo morto,

videro tutto quel sangue,

troppo sangue,

uno dei due con i piedi mi rigirò, mi fece rotolare sopra la neve,

la neve si macchiò di rosso,

proseguirono il loro percorso…”

SONO

RESTATO

IMMOBILE

SOPRA

LA

PANCHINA

STRINGENDO

TRA

LE

MANI

IL

FAZZOLETTO

DI

ALDO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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